Brunelleschi come Kennedy

Dovevo ancora nascere quando nel 1959 John F. Kennedy, che di lì a poco avrebbe dato una svolta epocale alla politica Americana e mondiale, si trovò a fare un discorso in cui mi sarei imbattuto solo molti anni più tardi, ormai cresciuto, e che, avrebbe avuto il potere di colpire molto la mia immaginazione. In quel fatidico discorso, parlando Kennedy raccontò un aneddoto semplice che molti in seguito fecero proprio, disse che la parola “crisi” scritta in cinese ha un duplice significato poiché è composta di due caratteri, ideogrammi, uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità. Con un semplice esempio rendeva chiaro un concetto che la paura del cambiamento solitamente ci fa scordare, un concetto che, per dirla con un altro grande del pensiero occidentale si riassume in “dove è il pericolo, là è la maggior possibilità di salvezza” (Hölderlin).
Non voglio farvi una lezione di politica né di letteratura, il punto di tutto questo sta nel fatto che, in quanto architetto, quando rifletto su questioni del genere, finisco sempre per fare parallelismi con la storia dell’architettura.  E così ho pensato che, in fin dei conti, l’opera del Brunelleschi è un’ottima messa in pratica dei concetti espressi da Kennedy e Hölderin. Il paragone può risultare ardito, ma decisamente calzante.
Il nostro momento storico, caratterizzato da una grave crisi economica, ha molti punti in comune con il Rinascimento italiano, un periodo storico caratterizzato da una forte criticità economica ma scolpito nelle nostre menti, più che per questo, per la grande dinamicità, intellettuale prima e imprenditoriale poi, che lo ha caratterizzato.
Nella Firenze del 400, traumatizzata da gravi problematiche finanziarie, Filippo Brunelleschi, genio indiscusso di quegli anni, inizio’ a riflettere sulla possibilita’ di costruire edifici seguendo pensieri diversi connessi alla dimensione della reale sostenibilita’.
L’imperativo era ridurre i costi e il Brunelleschi non esitò a colmare con l’ingegno la mancanza di risorse economiche: smise di utilizzare le grandi bozze petrose a vista e iniziò a realizzare le sue nuove architetture con muri a sacco finiti a intonaco civile, affidando la rinnovata dignità estetica a decori (marca piani, marca davanzali, cornicioni ecc) in pietra serena, un materiale fino ad allora considerato improprio per usi esterni perché gelivo, ma facile da reperire in terra fiorentina e di semplice e rapida lavorabilità.
Fu così che, a partire da un iniziale vincolo economico, con un semplice-difficile intellettuale gesto, ebbe inizio una rivoluzione formale e contenutistica senza pari.

Brunelleschi, con la sua storia, è la dimostrazione tangibile di come un pensiero architettonico, facendo leva sulle criticità del sistema, possa rivoluzionare un modo di vedere, leggere e rappresentare il mondo, di come, “guardando fuori dalla scatola”, si possano aprire nuove strade e nuovi orizzonti.

Guardare al di fuori della scatola significa andare al di là dello stereotipo e dei canoni tradizionalmente imposti per costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che sia capace di rispondere maggiormente alle nostre esigenze e a quelle del tempo in cui viviamo.

Guardare al di fuori della scatola vuol dire progettare architetture flessibili, mutanti, ibride che possano essere realmente considerate figlie del nostro presente; significa trasformare  i vincoli che caratterizzano il nostro quotidiano socio-politico ed economico in nodalita’ stimolatrici.

Possiamo chiuderci nel lutto e nel cordoglio per un’epoca che sta finendo oppure possiamo dare vita a nuovi canoni, nuovi scenari, nuove prospettive come Brunelleschi, Kennedy e Hölderin.

Vigliacchi o Eroi.

Buon inizio di settimana,

Simone Micheli

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Un commento Aggiungi il tuo

  1. icittadiniprimaditutto ha detto:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

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