Lavorare per frammenti d’ozio

L’ozio è il padre di tutti i vizi, il tempo è denaro, ma col denaro non ci garantiamo una cura del sé che altro non è, se non otium nel suo reale significato?
L’asservimento a concetti come: utilità, tempo come denaro, criteri di redditività e potere, privano questa meravigliosa attività del suo aspetto di ricerca fisica, intellettuale e spirituale, togliendo al contempo qualità al vivere dell’uomo. Il profitto fine a se stesso imprigiona e vincola il vivere in meccanismi che lo sclerotizzano.
Una serie continua di messaggi negativi priva costantemente l’essere umano del tempo per ricrearsi. Inconsapevolmente siamo, cassa di risonanza per significati che, cinici e dimentichi delle priorità umane, relegano concetti come ozio, cura  e spirito al regno del vizio, dello spreco, dileggiandoli, come se tali attributi fossero loro impliciti.
Per questo la logica di luoghi ricreativi dove curare corpo e sensi, riattivando il contatto con noi stessi e gli elementi che ci circondano, non dovrebbe essere visto come mera banalità, ma come crescita anche spirituale.
Un respiro per prendere le distanze da realtà convulse, un ricordo di ciò che era, una ricerca per dare realmente senso all’uomo.
Una contemplazione che sia sinestesia sensoriale e culturale ibridazione di oriente e occidente, di tempo antico che divenga futuro che ricorda.
I miei progetti, non sono pausa, ma luoghi per nuove storie, che permettano di uscire e rientrare nel mondo rallentandolo e migliorandolo al contempo, il minimo sforzo per il massimo risultato. Si  riaffaccia il “less is more”. D’altronde la forma che culla i sensi, è madre di contenuti futuri che compartecipano a ricreare l’uomo, astraendolo dal “tram tram” che lo inaridisce, lasciandolo in balia di ciò che il “lavoro utile” ha creato, un semplice non senso. I pensieri abbisognano anche di luoghi in cui germogliare, cercarli e assaporarli non è vizio e banalità, ma è un momento che può divenire realmente proprio.
Darsi ad uno stoicismo distorto che, demagogicamente, ci sprona a spenderci, in termini lavorativi senza lasciare del tempo che sia per noi – un tempo che solo in quel momento diviene ricchezza – è una pratica che non sempre nobilita l’uomo.

Foto: Spa Budapest, design Simone Micheli 2006

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