Progettare senza inibizioni

 Prendo un disegno dalle mani di Cesar, che me lo porge. Lo guardo: spontaneo, energico, diretto, positivo, mi fa sorridere, vedo lo stadio, la porta, il portiere che si muove. Tutto è lì, conchiuso, perfetto ai miei occhi.
Cosa traspare da mio figlio e il suo disegno, perché mi dice così tanto?
Ci mettiamo una vita a rincorrere un ideale di perfezione, nell’arte, nella tecnica, nel lavoro, tentiamo di divenire ciò che siamo, viviamo, che lo vogliamo o no, secondo principi morali imposti da esperienze e cultura, eppure spesso vorremmo come sfuggire a questo circolo vizioso, sentiamo che il volto ha assunto forme diverse assieme all’anima, a nostra insaputa, una maschera che non era esattamente ciò che volevamo per noi. Senza nessun preavviso, vogliamo tornare bambini. Forse di questo dovrei avvisare Roberta.
Ritrovo questo bisogno negli eroi Dostoevskijani, soprattutto in Alesa Karamazov e il principe Myškin, considerati alla stregua di ingenui, idioti, perché trasparenti, dentro come fuori privi di protezioni, forma, costrutti tesi ad allontanare il mondo da una sensibilità troppo intensa.
Bontà e ingenuità li caratterizzano. Pur confrontandosi costantemente con i gorghi del mondo, mantengono un’aura di bontà, priva di filtri. Eppure sono queste persone “pazze” che ci rasserenano, che ci distendono che ci rendono sopportabile la costruzione che vorremmo abbandonare, che, riflessa nella loro bontà, si alleggerisce e sembra, fortunatamente, scomparire.
Con Myškin ci passeggerei volentieri. Un’ora alla settimana potrebbe bastare per scrollarmi di dosso la “maturità”.
Ingenuità…
Bontà…
Indurirsi…
Non c’è lo spazio per riflettere quanto vorrei sui primi due concetti, è difficile sfuggire all’indurimento. Non vedo nessuna debolezza e stupidità, nella bontà e in certi tipi di ingenuità, ci vedo invece chiarezza, cristallina intelligenza, lontana dal farraginoso procedere di una logica che avanza come un carro mascherato, privo di vera e possibile autocritica, allegro senza un perché che giustifichi la sua esistenza.
Riguardo il disegno di Cesar, per tornare a disegnare come un bambino non ci vuole tempo, ci vuole un’intelligenza definibile come tale, che si dispieghi cristallina e non si imponga tramite l’uso di maschere ad hoc create con e contro gli abissi del mondo, divenendo a sua volta scoraggiato abisso.
O forse no? Ad ogni modo questo disegno mi piace!
Buon Martedì!

Foto: Gift by Cesar Micheli

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Un commento Aggiungi il tuo

  1. ron samuel ha detto:

    Gaia, ormai grande, sei anni dice… Papa, facciamo un disegno insieme. Noi chiudiamo gli occhi e facciamo le prime righe. Poi li apre e continuamo. Ma il disegno stessa si tramnsforma in qualcos’altro. E ‘il nostro momento di meditazione, quando ci sediamo in silenzio uno accanto all’altro. Vicini l’uno all’altro, ma lo stesso nelle nostre due spazi diversi.

    Lei mi commuove quando le chiedo come fai a sapere che la voglio bene e lei tocca la mia fronte con le sue piccoli dita e ripete: Vedo nella tua testa. Vedo nella tua testa. Continuare ad imparare dai bambini piccoli. Sono arrivati ​​dopo di noi quindi sono più vecchi di noi.

    GET WELL … un abbracio forte

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