Gentilissimo Architetto
Sono un collega romagnolo, di campagna. Non faccio hotel ma edilizia in genere e mi appassiona l’architettura e tutto ciò che è espressione. All’università ci hanno insegnato a pensare in grande, a fare architettura, a esprimersi in qualsiasi cosa e nel mio piccolo cerco di trasferire questi sentimenti nel lavoro di tutti i giorni, sempre che la committenza sia capace di ascoltare e recepire… cosa che non accade spesso.
Innanzi tutto le faccio i complimenti per la bellissima esposizione dell’incontro di Pesaro sull’ Hotel design. Ho assistito con piacere prima di tutto perché ho scoperto che è fiorentino e questo rimanda al bellissimo periodo universitario trascorso a Firenze (9 anni di pacchia), poi perché è piacevole ascoltare aneddoti professionali esposti in modo passionale e sanguigno, inoltre perché non sembra la classica persona “che se la tira”, almeno per quel che si è visto. Assistetti ad un incontro a Ravenna con Claudio Silvestrin: bellissima poetica, ma la persona era molto distante.
Approfitto della bella possibilità che offre il suo blog per parlare direttamente con lei e di farle un appunto, se me lo consente.
Nulla da dire ovviamente sul valore dei lavori esposti, sulla ricerca espressiva ed artistica, l’icona che rappresentano, l’uso dei materiali ed i risvolti commerciali delle opere. Ai corsi di interiors lei ed altri siete dei fari di luce.
A farla breve sono rimasto un po’ perplesso, durante l’esposizione, dall’uso del valore “sostenibile” infilato fra etica ed intelligenza e messo in relazione alle architetture presentate all’incontro. In quella presentazione la parola sembra utilizzata perché alla moda odierna e non in tutto il suo significato che rappresenta: quale peso o impronta che un edificio lascia sull’ambiente. Certamente, come lei ha detto, sono progetti di parecchi anni fa, quando il concetto era ancora per bio-architetti di nicchia, inoltre non conosco la sua recente ricerca progettuale che magari oggi rappresenta appieno il concetto. Però il valore “sostenibile” applicato all’architettura, che è emerso dall’incontro, rappresenta solamente il ridotto consumo energetico, magari raggiunto tramite impiantistica avanzata e quindi costosa, anche in manutenzione. Non si è avuto traccia o percezione degli altri valori che possano esprimere l’effettiva sostenibilità ambientale e quindi il segno odierno e futuro che l’architettura lascia nel territorio e quindi a noi tutti. Le architetture presentate preferisco vederle per i valori poetici, la ricerca stilistica e dei materiali, il design, la relazione estetica e percettiva con l’ambiente, ma non ci vedo molto la sostenibilità ambientale.
Costruire sostenibile, ma anche ecologico, per me significa avere edifici in rapporto con le condizioni climatiche locali (orientamento, forma-volume, percorso solare, ombreggiamenti ecc), con ridotti consumi usando fonti rinnovabili, affidandosi principalmente ad involucri passivi invece che agli impianti, adottare materiali ottenuti da materie prime rigenerabili, materie locali e riciclabili. Specificare gli LCA dei materiali, magari avvicinasi al concetto del “Km 0”anche per l’architettura. Tutto questo è spesso rappresentato dagli architetti del legno: tirolesi, austriaci, tedeschi editi in tutte le riviste “bio” e spinti dall’industria del legno. Trovo che esprimano in primo luogo concetti ingegneristici di bioclimatica e niente più. Come poetica del materiale trovo molto più interessanti i giapponesi ed i cinesi. Mi piacerebbe vedee come si cimentano assi del design in questioni che saranno centrali per i prossimi decenni.
I concetti su esposti di sostenibilità se presentati in architetture che veicolano i messaggi, da figure che abbiano arte e poesia, che orientano il gusto, che stimolano la società possono orientare la produzione di questi materiali per far abbassare i costi e permettere che siano accessibili a tutti. Nel mio quotidiano cappotti in sughero o in fibra vegetale non se ne fanno quasi mai. Tutti optano per il polistirene (petrolio condensato sulle pareti). Aziende come la Rofix o altre propongono la fibra di legno ad un costo quasi doppio rispetto al polistirene e con gli spessori odierni da utilizzare è facile capire quale materiale il committente sceglierà.
Tutto ciò è chiaramente molto difficile da rappresentare con una ricerca stilistica “avanguardistica”, ma è la sfida dell’architettura, specialmente se guidata da architetti come lei che orientano, che danno la direzione giusta alla società, alla cultura e a noi progettisti “minori”.
In attesa di riscontro, Grazie per il tempo concesso
Arch. Raoul Giugni
I am your long time admirer Ron Samuel. I am among the crazy ones who believe that even us small individuals can make big differences in the world. We have presently been able to offer more than $900 billion in funding to 4 different countries through a Kuwait Consortium. Since our objectives are so large the start-up process has been slow but our success is a mathematical certainty. You will be the first to know of this success as it will signal the concrete start of of our work together.
Gentilissimo Architetto
Sono un collega romagnolo, di campagna. Non faccio hotel ma edilizia in genere e mi appassiona l’architettura e tutto ciò che è espressione. All’università ci hanno insegnato a pensare in grande, a fare architettura, a esprimersi in qualsiasi cosa e nel mio piccolo cerco di trasferire questi sentimenti nel lavoro di tutti i giorni, sempre che la committenza sia capace di ascoltare e recepire… cosa che non accade spesso.
Innanzi tutto le faccio i complimenti per la bellissima esposizione dell’incontro di Pesaro sull’ Hotel design. Ho assistito con piacere prima di tutto perché ho scoperto che è fiorentino e questo rimanda al bellissimo periodo universitario trascorso a Firenze (9 anni di pacchia), poi perché è piacevole ascoltare aneddoti professionali esposti in modo passionale e sanguigno, inoltre perché non sembra la classica persona “che se la tira”, almeno per quel che si è visto. Assistetti ad un incontro a Ravenna con Claudio Silvestrin: bellissima poetica, ma la persona era molto distante.
Approfitto della bella possibilità che offre il suo blog per parlare direttamente con lei e di farle un appunto, se me lo consente.
Nulla da dire ovviamente sul valore dei lavori esposti, sulla ricerca espressiva ed artistica, l’icona che rappresentano, l’uso dei materiali ed i risvolti commerciali delle opere. Ai corsi di interiors lei ed altri siete dei fari di luce.
A farla breve sono rimasto un po’ perplesso, durante l’esposizione, dall’uso del valore “sostenibile” infilato fra etica ed intelligenza e messo in relazione alle architetture presentate all’incontro. In quella presentazione la parola sembra utilizzata perché alla moda odierna e non in tutto il suo significato che rappresenta: quale peso o impronta che un edificio lascia sull’ambiente. Certamente, come lei ha detto, sono progetti di parecchi anni fa, quando il concetto era ancora per bio-architetti di nicchia, inoltre non conosco la sua recente ricerca progettuale che magari oggi rappresenta appieno il concetto. Però il valore “sostenibile” applicato all’architettura, che è emerso dall’incontro, rappresenta solamente il ridotto consumo energetico, magari raggiunto tramite impiantistica avanzata e quindi costosa, anche in manutenzione. Non si è avuto traccia o percezione degli altri valori che possano esprimere l’effettiva sostenibilità ambientale e quindi il segno odierno e futuro che l’architettura lascia nel territorio e quindi a noi tutti. Le architetture presentate preferisco vederle per i valori poetici, la ricerca stilistica e dei materiali, il design, la relazione estetica e percettiva con l’ambiente, ma non ci vedo molto la sostenibilità ambientale.
Costruire sostenibile, ma anche ecologico, per me significa avere edifici in rapporto con le condizioni climatiche locali (orientamento, forma-volume, percorso solare, ombreggiamenti ecc), con ridotti consumi usando fonti rinnovabili, affidandosi principalmente ad involucri passivi invece che agli impianti, adottare materiali ottenuti da materie prime rigenerabili, materie locali e riciclabili. Specificare gli LCA dei materiali, magari avvicinasi al concetto del “Km 0”anche per l’architettura. Tutto questo è spesso rappresentato dagli architetti del legno: tirolesi, austriaci, tedeschi editi in tutte le riviste “bio” e spinti dall’industria del legno. Trovo che esprimano in primo luogo concetti ingegneristici di bioclimatica e niente più. Come poetica del materiale trovo molto più interessanti i giapponesi ed i cinesi. Mi piacerebbe vedee come si cimentano assi del design in questioni che saranno centrali per i prossimi decenni.
I concetti su esposti di sostenibilità se presentati in architetture che veicolano i messaggi, da figure che abbiano arte e poesia, che orientano il gusto, che stimolano la società possono orientare la produzione di questi materiali per far abbassare i costi e permettere che siano accessibili a tutti. Nel mio quotidiano cappotti in sughero o in fibra vegetale non se ne fanno quasi mai. Tutti optano per il polistirene (petrolio condensato sulle pareti). Aziende come la Rofix o altre propongono la fibra di legno ad un costo quasi doppio rispetto al polistirene e con gli spessori odierni da utilizzare è facile capire quale materiale il committente sceglierà.
Tutto ciò è chiaramente molto difficile da rappresentare con una ricerca stilistica “avanguardistica”, ma è la sfida dell’architettura, specialmente se guidata da architetti come lei che orientano, che danno la direzione giusta alla società, alla cultura e a noi progettisti “minori”.
In attesa di riscontro, Grazie per il tempo concesso
Arch. Raoul Giugni
Dear Simone,
I am your long time admirer Ron Samuel. I am among the crazy ones who believe that even us small individuals can make big differences in the world. We have presently been able to offer more than $900 billion in funding to 4 different countries through a Kuwait Consortium. Since our objectives are so large the start-up process has been slow but our success is a mathematical certainty. You will be the first to know of this success as it will signal the concrete start of of our work together.