Un ricordo di Giovanni: l’uomo dagli occhi vispi


Erano gli anni dell’Università…
Giovanni Michelucci per me è stato un amico, un mirabile stimolatore, un amabile narratore, un incantato nonno pieno di emozioni. Con lui dialogavo molto, con lui mi confrontavo, da lui mi facevo consigliare. Questo uomo fantastico ogni volta mi emozionava in modo diverso, mi parlava oltre che con la voce ferma e brillante, con le mani e con i suoi vispi occhi. Le sue penetranti e sempre intelligenti parole sono state una meravigliosa scuola per me. Lui mi ha trasmesso l’amore che ho per lo spazio che diviene intelligenza, lui ha ossigenato il mio pensiero trasportando nella mia mente parte della sua esperienza intellettuale, mi ha dato illuminate indicazioni sul possibile fare.
Mi ricordo che una volta parlando con Giovanni gli esternai la volontà di fare una mostra riferita alle mie riflessioni progettuali sull’architettura.
Lui mi redarguì con decisione, dicendomi che non potevo fare una mostra su un tema che ancora non conoscevo pienamente. Non potevo farlo, secondo lui, perché ancora non avevo iniziato a mettere un mattone sull’altro!
Mi disse: “Studia, capisci, impadronisciti con pienezza della disciplina, inizia a realizzare cose e non pensare alle esposizioni riferite ai tuoi pensieri che sono troppo giovani ed inesperti. Aspetta che siano gli amici, quando arriverai alla mia vetusta età, a realizzare delle mostre sulla tua reale esperienza, non avere fretta, procedi a passo lento e rifletti, rifletti, rifletti”.
Devo dire che era la prima volta, dopo infinite lunghe meravigliose discussioni consumate a Fiesole con Giovanni che mi sentivo perso e destabilizzato!
Ogni volta che mi allontanavo dalla sua casa-fondazione, il mio cuore era pieno di entusiasmo, di incredibile forza perché sentivo crescere il mio amore per l’architettura in maniera esponenziale.
Quel pomeriggio riflettei a lungo sulle parole di Giovanni.
I suoi collaboratori ed i notabili colleghi di allora che si dichiaravano suoi amici, non lo erano!
Erano invidiosi della sua genialità, del suo carisma, della sua bellezza, della sua vita, delle sue conquiste, dei suoi progetti, del suo fascino oratorio, del suo amore per la semplicità.
Molti erano avvoltoi in attesa di consumare un lauto pasto professionale, pochissime le belle presenze.
Lui pensava di avere tanti amici intorno a se ma gli unici veri magici compagni degni di essere chiamati tali erano la sua architettura, con cui continuava a parlare ogni giorno e la signora che lo curava e lo seguiva amorevolmente con il suo dolce fare, con il suo reale rispetto e con la sua incondizionata devozione data ad una persona che prima di essere un grande architetto, un maestro, era uno straordinario uomo.
La bolla temporale nella quale io vivevo e che Giovanni, comunque, viveva sempre meno, era lontana anni luce da quello che il grande vecchio ricordava di aver vissuto e che sognava ancora di vivere.
Tutto andava ad una velocità in continua accelerazione, tutto era dinamico, frenetico.
Il mondo era cambiato.
L’Architettura stava cambiando, stava avvicinandosi a passo svelto a divenire virtuale, effimera, non eterna.
Il mio confuso pensiero fini, poi, per cadere sulla caducità del corpo umano e della vita, di quanto è breve e di quanto si possa fare nel tempo che ci è concesso su questa terra.
Il mio pensiero raggiunse le prodezze grafiche di Sant’Elia che rappresentavano e rappresentano ancora oggi delle mirabili epressioni-riflessioni su una possibile nuova architettura; sul fatto che Antonio Sant’Elia non ebbe certo la fortuna di vivere a lungo come Michelucci e di quante cose meravigliose avrebbe fatto se avesse vissuto più a lungo.
Allora, per la prima volta in parziale disaccordo con i preziosi consigli del mio affettuoso amico, pensai di intraprendere il percorso espositivo riferito alle mie riflessioni sul fare architettonico, seppur con la coscienza della reale inesperienza operativa ma con la piena consapevolezza dell’inestinguibile entusiasmo per il sogno intorno allo spazio che caratterizzava la mia vita.
E i primi racconti spaziali e contenutistici hanno iniziato a sbocciare…

Buon Martedì!

Testo: “Simone Micheli from the future to the past”, L’Archivolto edizioni 2012
Foto: Giovanni Michelucci, schizzo della chiesa di S. Giovanni Battista “dell’Autostrada”, Firenze

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Cristiana Vettori ha detto:

    Bellissimo e commovente scritto. Bravo, hai preso la decisione giusta impegnandoti da subito a esporre il tuo mondo creativo, il tuo saper creare presto è diventato saper fare e oggi il tuo saper fare è splendido.

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